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Il segno nell'arte di Raffaella Menichetti

 

Da bambina amavo disegnare, dipingere. Allora credevo che avrei fatto la pittrice e forse lo sarei diventata se non mi fossi persa nel groviglio dei sentieri della vita. Per non tradire totalmente me stessa sono rimasta nei paraggi, correggendo un poco il tiro, quando all'Università ho scelto di dedicarmi allo studio della Storia dell'Arte.

La capacità che le immagini attraverso la loro espressività hanno di trasmettere e suscitare emozioni, nell'arte come nel cinema o nella fotografia, ha fatto da catalizzatore. Per affinità di sentire mi sono avvicinata alla grafologia vedendo nella scrittura una "specie di arte minore" come suggerisce, da grafologa, la Ferrea in Segni come disegni: "Cosa fa a ben guardare il grafologo se non attribuire un significato psicologico all'espressività insita nella scrittura?".

Il grafologo spoglia la scrittura della sua funzione primaria quella linguistica per concentrarsi su quella visiva: la scrittura diventa immagine. Su questo piano, quello del linguaggio visivo, segno grafico dell'arte e segno grafico della scrittura arrivano a toccarsi: entrambi forme visive che si percepiscono, espressioni visive, ciascuna a suo modo interpretazione soggettiva della realtà perché filtrate dalla visione del suo autore, artista per l'una, scrittore per l'altra. Ciascuna con un proprio modello di riferimento – la natura per l'arte, il modello calligrafico per la scrittura – rispetto al quale scegliere in che misura discostarsene.

D'altro canto mentre l'artista lavora sull'immagine, ricerca gli effetti affinché l'immagine possa risultare efficace e comunicare emozioni attraverso l'espressione visiva, chi scrive invece lavora sulla parola e anche quando sceglie di comunicare emozioni lo fa attraverso l'espressione verbale, ed il gesto grafico arriva a comunicare come espressione visiva solo al di là della volontà del suo autore: "Chi scrive sta comunicando inconsapevolmente qualcosa di sé agli altri".

Quindi entrambi i segni grafici comunicano come espressioni visive più consapevolmente nell'arte meno nella scrittura.

 

Nell'arte contemporanea le rappresentazioni dell'arte astratta (non figurativa), svincolandosi da ogni riferimento al mondo reale, sono quelle che più si avvicinano alla scrittura nella sua funzione di immagine: le cose vengono rappresentate non come sono ma come si sentono affidando a colori, linee e forme libere dalla loro funzione oggettuale di esprimere emozioni e stati d'animo.

"L'opera d'arte adatta la forma a un significato interiore" dice in proposito la Ferrea citando Kandinskij. Ed è su questo rapporto forma esteriore/significato interiore che cade l'occhio del grafologo davanti ad una scrittura, e alle volte non solo del grafologo.

La scrittura è stata oggetto d'interesse da parte di diversi artisti d'arte contemporanea facendosi immagine, pensiamo alla poesia visiva di U. Carrega, di L. Pignotti, di S. M. Martini, solo per citarne alcuni.

Lasciando le abituali superfici di carta e cartoncino, la scrittura è entrata anche nelle tele e nelle composizioni di Raffaella Menichetti, in un modo nuovo e del tutto personale, per farne vivere il segno, emozione tra emozioni di cui tutta la sua arte si nutre.

 

Raffaella Menichetti nasce e studia a Roma. Pittrice e ceramista di respiro internazionale ha esposto le sue opere in prestigiose gallerie di tutto il mondo – Parigi, Milano, Francoforte, Mosca, Roma, Budapest, Stoccolma – con le quali tuttora collabora ma ha scelto di vivere e lavorare a Terracina perché sente di appartenere a questa terra. Ha scelto, dopo la parentesi di studi nella capitale, di ritornare in quei luoghi che l'hanno vista bambina quando dall'età di sette anni si è trasferita qui e da allora i profumi del suo mare e delle sue montagne le sono entrate dentro senza più lasciarla. A Terracina nel 1987 ha aperto il suo studio su quella che fu l'antica via romana delle botteghe dei vasai, su quei sassi che percorrendo ogni giorno le raccontano storie lontanissime, ed è qui che sono andata ad incontrarla per ammirarne da vicino le opere e cercare di scoprire i legami sottili tra arte e scrittura delle sue creazioni.

 

Terracina mi ha accolto con il suo mare in una luminosa e calda giornata di fine estate, per me nata in una città di mare vederlo e sentirne l'odore è sempre una forte emozione, così come si rivelerà l'incontro con Raffaella e questo viaggio alla ricerca di corrispondenze.

Capelli corti, corpo asciutto, modi gentili e schietti, sguardo intenso e un sorriso che sembra abbracciarti: Raffaella Menichetti è una donna della sua terra, dove lavoro e passione, tradizione e innovazione si mescolano. E poi c'è la ricerca personale di una donna che vive di impressioni che colpiscono i suoi sensi e che cerca, come lei stessa si racconta "di armonizzare al meglio ciò che sento con quello che faccio".

Dentro e fuori, spirito e materia, alto e basso, curva e linea, terra e acqua, sono alcune tra le tante coppie complementari e non opposte della ricerca di Raffaella, nell'arte come nella vita che reciprocamente si alimentano. Una ricerca di equilibrio che si manifesta attraverso il dialogo tra le parti, la cui dinamica ne suggerisce una circolarità in cui ciascuna parte esprime se stessa per ricomporne insieme il tutto.

Raffaella mi spiega che la stessa posizione per lavorare l'argilla richiede equilibrio ed un procedere dal basso verso l'alto perché l'opera prenda forma. Si lavora dal basso del mondo della materia per ritornare verso l'alto, verso quell'idea che per concretizzarsi ha compiuto il percorso contrario.

Mi racconta di come un idea, nata d'impulso da immagini e visioni improvvise – come tutto ciò che sia atto creativo – appuntata su un blocchetto che porta sempre con sé, venga poi elaborata con grande cura in fase di progettazione. Seduta ad un tavolo carta e matita alla mano comincia a disegnare e a scrivere affinché impulsi molteplici e immagini si traducano in colori, segni e parole. E' un lavoro necessario sia perché l'idea, esprimendosi attraverso la materia, riesca a mantenersi il più possibile fedele a se stessa, sia perché l'argilla lo richiede: in fase di realizzazione non le piace procedere per tentativi ma riuscire ad andare dritta al cuore dell'emozione che ha colto e poi elaborato.

 

Siamo in un piccolo spazio espositivo tra le opere di Raffaella che tutt'intorno sembrano fare eco alle sue parole: vasi, lampade, quadri, anche questi hanno la matericità degli oggetti, ti viene voglia di toccarli sebbene le sue pitture siano allo stesso tempo visivamente impalpabili. Il colore evanescente dà sostanza e forma a immagini dai contorni che sembrano aprirsi verso l'esterno. Le forme tendono ad espandersi nello spazio, continuano, lasciando il resto alle impressioni di chi le coglie facendole proprie. E il tempo non c'è, appare sospeso.

 

 

Dietro le creazioni di Raffaella Menichetti c'è tanto studio e lavoro che viene da lontano, fin dai tempi in cui bambina giocava con i più diversi materiali nello studio del nonno, scultore romano. C'è la consapevolezza dell'importanza dell'acquisizione di conoscenze e abilità tecniche, unita alla convinzione che "regole e schemi non restino una gabbia ma diventino un prezioso strumento di libertà espressiva".

Nessuna improvvisazione nell'arte di Raffaella ma un'esperienza maturata sul campo giorno per giorno, da autodidatta, lavorando sui capolavori del passato scomponendone la tavolozza e rifacendone i quadri: per comprenderli, per sentirli attraverso il gesto, per avvertirne le sensazioni e farne esperienza attraverso una reale conoscenza ed essere così in grado di scegliere, libera di fare ciò che sente a sé più affine.

Ogni cosa viene vissuta, esplorata, attraverso una continua presenza a se stessa, fatta di corrispondenze tra sentire e fare, di ricerca di equilibri, di legami sottili tra passato e presente, di scelte, di gesti che in sé racchiudono un mondo di passato, di taciuto, oltre la parola: "…per guardare con occhi liberi la forma delle cose e cercarne l'essenza fin nei piccoli gesti quotidiani, ascoltando il silenzio che si anima delle parole taciute…". Gesti che si traducono in segni restituendo anche alla scrittura quell'espressività di tipo fisico dei lontani pittogrammi quando azione e cose si facevano gesti grafici senza la mediazione delle parole, quel linguaggio attraverso cui le arti visive comunicano.

 

Raffaella usa la funzione pratica come espediente. "Le persone" mi dice "hanno bisogno di essere rassicurate dal a cosa serve?" e così lei le rassicura facendo lampade, vasi, che arrivano poi a fare dell'altro, divenendo arte al di là della funzione fino a perderla in alcuni casi. Ed è questo il bello, condurre il fruitore, passo dopo passo, senza che se ne accorga, in un mondo fantastico in cui liberarlo di quell'inutile che nel mondo reale appare utile.

Con un approccio analogo Raffaella usa la scrittura nelle sue composizioni.

 

s.t., terracotta ossidi

 

Scritture emergono dall'argilla, dai colori, solcando superfici e tele, segni tra segni privati della loro funzione verbale per comunicare emozioni nell'espressività del gesto. Gli scritti inseriti nelle opere sono quelli che ne hanno accompagnato i disegni in fase di progettazione, la spiegano, ma per impedirne la lettura vengono rovesciati o alternati a righe di scritture appositamente inventate, esercizio creativo – mi confessa – che la diverte molto perché è come un ritornare bambina. Raffaella vuole che il segno si esprima attraverso il suo valore di gesto grafico comunicando l'emozione che ha registrato al di là del significato linguistico.

Si direbbe un artista con occhio da grafologo che però lascia sospesa l'interpretazione, quella spetta alla sensibilità di chi guarda, "Il fascino della comunicazione sta nell'incontro, dall'imprevedibile esito, tra sensibilità dell'uno e vissuto interiore dell'altro".

Dietro questa scelta, sentita e autentica come ogni suo gesto, c'è un rapporto personale con la scrittura che la accompagna da ragazza e una ricerca spinta dalla curiosità sulle sue origini e per gli ideogrammi.

 

Scivoliamo nel retro, nel cuore dello studio, nel luogo magico dove sensazioni e visioni prendono corpo traducendosi in gesti, segni, colori. Qui Raffaella mi mostra uno dei suoi tanti diari che conservano i progetti per la realizzazione delle opere. Ha le pagine bianche di cartoncino, niente righe che imbriglierebbero uno spazio occupato da disegni, schemi, scritti, tutti per lo più a matita, strumento d'elezione per il disegno, scelto anche per scrivere. Mentre ne sfoglio le pagine, rapita da questo mondo da quinte teatrali, Raffaella mi spiega che le piace la matita per il suo appoggio morbido. Usa mine tenere, mai appena temperate e per evitare il rilievo sul retro del foglio alla carta preferisce il cartoncino, perché altrimenti sarebbe un pasticcio oltre che un intralcio (visivo e sensoriale) alla libertà del gesto.

 

Scrive in corsivo, non ama lo stampatello, e la cosa non mi stupisce affatto per una come lei, che ha bisogno di unire, trovare legami, far scorrere emozioni, anche attraverso il filo grafico di una scrittura che le corrisponde come diversamente non potrebbe essere.

 

scrittura

 

Tipo grafologico "Sentimento-Sensazione" usa il linguaggio dell'arte, e nella vita, in funzione di contatto, di trasmissione di contenuti emotivi, accogliendo sentimenti, sensazioni e quelle suggestioni del bello che sa scorgere nelle piccole cose: nei luoghi, nei volti e nei gesti delle persone che ama ed ha amato.

Lontana dallo stereotipo dell'artista con la testa fra le nuvole, Raffaella Menichetti è una donna che cerca di concretizzare impressioni e visioni restituendone emozioni attraverso la matericità delle sue creazioni, "…fragili ponti gettati tra un'anima e l'altra in esili tentativi di comprendere ed essere intimamente compresi…". E lo fa con impegno, responsabilità, studio, con la disciplina del metodo e dell'organizzazione, con la perseveranza e la combattività che la distinguono sostenendola lungo un percorso fatto di scelte e di coerenza di "…una coscienza che si chiarisce a se stessa e si fa voce tra le voci in un'esperienza condivisa".

L'imprescindibile incontro con l'altro diventa condivisione, dialogo, scambio e il legame con le origini, radici di un albero dai rami come antenne in ricezione, si svolge nel segno della continuità, di un'eredità che accolta, digerita e assimilata trasforma il seme in frutto.

 

Monica Ricciardi

 

 

 

Bibliografia

Maria Luisa Ferrea, Segni come disegni, Edizioni Magi, 2004

Raffaella Menichetti, Francesca De Santis, www.raffaellamenichetti.it

 
 
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